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John Green, Teorema Catherine

John Green, Teorema Catherine

Colin Singleton, ex bambino prodigio alle prese con il timore di scivolare verso un’età adulta illuminata fiocamente dalla penombra della normalità, ha la passione degli anagrammi e colleziona storie d’amore fallimentari con ragazze chiamate esclusivamente Catherine. Dopo che l’ultima della serie, Catherine XIX, ha decretato la fatale “pausa di riflessione”, Colin decide di concedersi un’estate on the road, in compagnia del fidato amico Hassan, musulmano “non terrorista”. Un bizzarro capriccio del destino li conduce a Gutshot, sperduto paesino del Tennessee in cui, nessuno sa perché, è sepolto l’arciduca Francesco Ferdinando, l’erede al trono austriaco il cui assassinio ha determinato l’inizio della Prima Guerra Mondiale. Lì, in un momento piuttosto concitato, Colin vive il suo momento Eureka: intuisce la possibilità di definire un teorema che preveda in anticipo l’esito di qualsiasi relazione amorosa. Tra una disavventura e l’altra, vissute in compagnia di un gruppo di giovani del luogo, in cui i due protagonisti finiscono per stabilirsi qualche settimana, Colin avrà modo di comprendere, per sua fortuna, che il futuro è condizionato da troppe variabili per essere ingabbiato in una formulazione matematica.

Il secondo romanzo di John Green, che segue il cult-book Cercando Alaska, sceglie la strada di un’efficacissima comicità, lontana dalle atmosfere cupe che incombevano sul college di Culver Creek. Eppure, a ben vedere, anche in questo romanzo apparentemente più leggero, non mancano spunti di riflessione. Innanzitutto Green mostra interesse per le ansie e le frustrazioni di quei bambini talmente precoci da stimolare negli adulti aspettative insostenibili (Colin, a un certo punto, legge Seymour: an Introduction di Salinger, uno dei testi incentrati sulle vicende dei fratelli Glass, giovani prodigi di sessant’anni fa): anche se i dubbi di Colin sono sempre sdrammatizzati dall’ironia, il tema non si può eludere. La comunità giovanile di Gutshot, poi, offre al lettore un quadro un po’ amaro dei meccanismi di inclusione – esclusione fondati essenzialmente sulla popolarità, secondo il cliché tutto americano della reginetta della scuola, del macho  e dello “sfigato”.

La stella polare del romanzo è comunque il protagonista, Colin (un’allusione, probabilmente al fatto che chiama costantemente Catherine XIX, la evoca, la invoca  – callin’) Singleton (cognome parlante che ne denota la profonda incapacità di connettersi agli altri), con le sue erudizioni prontamente sdrammatizzate dall’amico Hassan e ironicamente riportate in nota (omaggio a Infinite Jest di David Foster Wallace?), e la sua ossessione per un nome, Katherine, che anagrammato al plurale contiene sia la parola heart  che tears.

E quando Hassan scoprì il suo full, Colin all’improvviso capì: si può trovare un teorema che spiega perché si vince o si perde una mano di poker, ma non uno che dice se si vincerà o perderà nel futuro. […] In quel momento il futuro – indefinibile da qualsivoglia teorema matematico o altro – si stendeva di fronte a Colin: infinito, inconoscibile e bellissimo.”

MB

 

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Soundtrack: Sonic Youth, Anagrama

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