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Cacciatori di storie: il mestiere di editor. Intervista a Giordano Aterini, Loredana Baldinucci, Marta Mazza.

Cacciatori di storie: il mestiere di editor. Intervista a Giordano Aterini, Loredana Baldinucci, Marta Mazza.

Molti dei ragazzi che ci seguono sono appassionati lettori, e probabilmente conoscono molte informazioni e molti dettagli sui loro libri e sui loro autori preferiti. Ma quanti conoscono bene tutte le professionalità che lavorano “dietro le quinte”? Abbiamo deciso di far conoscere ai nostri lettori, sperando anche di poter dare qualche spunto orientativo a chi è prossimo alla scelta degli studi universitari, alcuni dei tanti “mestieri del libro”. Cominciamo dall’editor, figura professionale di fondamentale importanza in una casa editrice. Abbiamo rivolto alcune domande a tre editor di tre importanti case editrici italiane, che operano nel settore della letteratura per ragazzi e YA.  Ringraziamo Giordano Aterini (Rizzoli), Loredana Baldinucci (Il Castoro) e Marta Mazza (Mondadori) per aver accettato il nostro invito e per averci dato le bellissime risposte che potete leggere di seguito:

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DA SINISTRA A DESTRA: GIORDANO ATERINI (RIZZOLI), MARTA MAZZA (MONDADORI RAGAZZI), LOREDANA BALDINUCCI (IL CASTORO)

In che cosa consiste esattamente il lavoro dell’editor? 

GIORDANO: Credo che in parte dipenda da dove lo si fa, questo lavoro, e in parte da come lo si è imparato a fare. A me è stato insegnato che l’editor legge i libri che gli vengono proposti, dall’Italia o dall’Estero non cambia, sceglie quelli che secondo il suo gusto sono più in linea con il percorso tracciato dal direttore editoriale del marchio per cui lavora, e poi li segue fino all’arrivo in libreria lungo tutto il processo: l’acquisizione dei diritti di pubblicazione nel suo Paese, la scelta del traduttore, la definizione della copertina, la revisione della traduzione, l’impaginazione del testo, l’ultima lettura prima di andare in stampa.

LOREDANA: L’editor legge e valuta le proposte di pubblicazione che arrivano dall’Italia e dall’estero; sceglie e propone alla direzione editoriale quelle che secondo lui o lei vale la pena pubblicare; lavora con gli autori italiani per accompagnare i loro libri alla pubblicazione, suggerendo modifiche e miglioramenti se li ritiene necessari; può proporre progetti da commissionare. Tutte queste competenze possono essere distribuite fra editor diversi, con vari livelli di autonomia decisionale, a seconda dalla casa editrice.

MARTA: L’editor è un lettore “speciale”, un cacciatore di storie: è quella persona che, per una casa editrice, legge le storie prima degli altri, e sceglie o propone di pubblicarle in base a diversi criteri (al suo gusto, ai lettori che immagina per quel libro, alle esigenze della casa editrice, ecc). I libri arrivano in forma di manoscritto, sempre più in digitale che in cartaceo, da scout, agenti ed editori stranieri, oppure direttamente da agenti e autori italiani. Una “specialità” dell’editor è anche quella di farsi venire delle idee che, insieme allo  scrittore (ed eventualmente all’illustratore), trasforma in un libro.

In linea generale, come si diventa editor? In particolare, qual è stato il tuo percorso professionale? 

LOREDANA: Esistono diversi master di editoria, e di solito prevedono uno stage. Il mio percorso: sono una traduttrice, un mestiere che mi ha insegnato molto a lavorare sui testi. Qualche anno fa ho frequentato l’Accademia Drosselmeier di Bologna, che offre corsi specifici sulla letteratura e l’editoria per ragazzi. C’era la possibilità di fare uno stage, e ho chiesto di farlo al Castoro. Ho iniziato così.

MARTA: Non c’è un percorso prestabilito. In generale, a parte la passione per la lettura, potrebbero essere utili una laurea in lettere o in lingue, e un master o corsi in editoria. Ma non è una regola. Il mio caso: una laurea in comunicazione, alcuni anni di lavoro in libreria, un master in editoria a Bologna, uno stage alla Mondadori Ragazzi, dove sono tuttora. La scintilla però è stata un libro che ho letto a 13 anni: Junk – Storia di amore e perdizione di Melvin Burgess. Mi piaceva così tanto, tutto quanto, dentro e fuori, le imperfezioni della carta, le parole sulle alette, il viola patinato della copertina, che ho iniziato a interessarmi al mondo “dietro” i libri.

GIORDANO: Di nuovo, per come l’ho imparato io si entra in una casa editrice come redattore, quello da ultime letture, e anno dopo anno si risale la corrente, passando a correggere le bozze a uno stadio sempre antecedente, fino alla revisione della traduzione, e poi si passa a scegliere i libri in prima battuta. Insomma, si diventa editor imparando a conoscere il processo con cui si fanno i libri, e a conoscere i libri che la casa editrice per cui lavori pubblica. Io sono entrato in Rizzoli dopo aver frequentato la Scuola Holden, ma credo che adesso l’università attivi corsi con sbocchi nel mondo editoriale.

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Qual è l’aspetto che ti piace di più del tuo lavoro, e quale quello che ti piace di meno?

MARTA: C’è un momento che è insieme bellissimo e bruttissimo: l’arrivo della copia staffetta! Si tratta delle prime copie del libro che arrivano in casa editrice prima che escano in libreria. Vedere per la prima volta il libro su cui hai lavorato insieme a tante altre persone per settimane e mesi, è sempre un batticuore. Ti chiedi: sarà bello? Ci saranno degli errori? Ai lettori piacerà come è piaciuto a me? Quali mani lo sfoglieranno, d’ora in poi?

GIORDANO: Mi piace l’elettricità di quanto ti rendi conto che ti sei imbattuto in un libro che brilla, magari dopo settimane e mesi di letture incolori. Mi piace poco quello che l’editoria è diventata oggi.

LOREDANA: Cosa mi piace di più: quando mi rendo conto che ho passato la giornata a leggere, parlare di libri, discutere del destino di un personaggio con un autore, riflettere su una copertina, mi sento molto fortunata. Cosa mi piace di meno: i momenti di saturazione, quando temo che se bussasse la nuova Rowling alla mia porta, potrei benissimo risponderle: “No, grazie. Troppi maghi”. Allora basta leggere, meglio uscire a farsi un giro.

Qual è la caratteristica che cerchi maggiormente in un libro?

GIORDANO: Che aggiunga qualcosa a quello che c’è già in libreria. Non deve essere un’aggiunta particolare, qualcosa di mai visto prima. Basta anche un nuovo sguardo, un piccolo scarto rispetto al resto, ma sufficiente perché un lettore possa trovare in lui qualcosa che non abbia già letto negli altri romanzi sullo stesso scaffale.

LOREDANA: Una voce convincente, non banale, autentica. Devo sentire che l’autore tiene davvero alla storia che sta raccontando. Poi naturalmente la storia deve avere una sua forza e originalità.

MARTA: Cerco il colpo di fulmine, come con le persone reali, qualcosa che capita ma è difficile da spiegare, è sempre una sorpresa. Un libro mi deve raccontare una storia a suo modo nuova, deve avere una voce mai sentita prima, mi deve prendere per gli occhi e per mano e portarmi dove non sono stata mai. Per me un libro deve avere degli spigoli, delle crepe che i lettori possono riempire, deve graffiare almeno un po’.

Di quanti libri curi la pubblicazione, ogni anno?

LOREDANA: Seguo più da vicino i libri italiani; in media direi cinque l’anno. Ma per buona parte dei nostri libri, italiani o tradotti, partecipo a un grande lavoro di squadra, che è difficile quantificare.

MARTA: Circa 60, tra novità e catalogo. Sono tanti, ma per fortuna l’editor non lavora da solo: ci sono i lettori, i traduttori, i redattori, i grafici, l’ufficio diritti (sono alcuni dei ruoli della filiere del libro) con cui si lavora insieme.

GIORDANO: Grossomodo un paio di dozzine.

Qual è il romanzo che sei più orgoglioso/a di aver pubblicato?

MARTA: Un romanzo di cui sono molto orgogliosa è Jane, la volpe & io di Isabelle Arsenault e Fanny Britt, perché unisce tutte le mie cose preferite, di lettrice “adulta” ma anche della lettrice che ero una volta: una protagonista in cui identificarmi (anch’io sono stata – e a volte lo sono ancora – Hélène, e vorrei nascondermi da tutto e tutti!), illustrazioni piene di poesia e meraviglia che “parlano”, con segni e colori, esattamente come le parole (l’illustratrice è una delle più brave e premiate in circolazione), una storia di rara semplicità e bellezza. E poi parla di Jane Eyre, uno dei miei classici preferiti.

GIORDANO: Quest’anno sono due: Ti darò il sole, di Jandy Nelson, e Il nido, di Kenneth Oppel.

LOREDANA: Non è un romanzo: sono molto legata alle nostre raccolte italiane di racconti, Parole fuori e La prima volta che. Il racconto è un genere poco frequentato, ma che amo molto; è una sfida per gli autori e per l’editore; le raccolte sono una bella opportunità per il lettore di conoscere più voci, confrontarsi su molti fronti.

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Qual è, invece, il titolo che più rimpiangi di esserti lasciato/a sfuggire?

GIORDANO: Mi era piaciuto molto Fan della vita impossibile, di Kate Scelsa. Fosse anche solo per la frase che dice uno dei protagonisti agli due personaggi principali, al termine di una specie di rito per suggellare la loro amicizia: “Con l’auspicio di vivere una vita senza limiti. Contro tutto e tutti. Perché la gente possa guardarci e chiedersi come facciano dei gioielli come noi a risplendere nel triste deserto del mondo. Perché ci sia data la possibilità di vivere una vita impossibile.” L’ha pubblicato Mondadori, che è stata più veloce di me a offrire per i diritti italiani.

LOREDANA: Non lavoravo ancora al Castoro, ma credo che a tutti noi dispiaccia ancora non avere La straordinaria invenzione di Hugo Cabret in catalogo.

MARTA: Il nido di Kenneth Oppel, con le illustrazioni di Jon Klassen. Quando l’ho letto in inglese la prima volta mi ha subito ricordato un altro mio libro del cuore, Sette minuti dopo la mezzanotte di Patrick Ness. Ma sono contenta che a pubblicarlo sia Rizzoli e che i lettori possano comunque leggere una storia così intensa, insieme reale e fantastica, scritta in maniera così sincera da restarti nelle orecchie, come il ronzio di un’ape.

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Puoi darci un’anticipazione su un titolo forte del 2017?

LOREDANA: A primavera, per HotSpot, uscirà L’arte di essere normale, di Lisa Williamson, un romanzo a due voci che affronta il tema dell’identità di genere con semplicità e calore, senza fare sconti ma anche senza drammi in eccesso.

MARTA: Un titolo forte del 2017 è il nuovo romanzo di Holly Goldberg Sloan, l’autrice de Il mondo fino a 7, che in Italia è stato molto amato, tanto da vincere i premi Liber, Andersen e Orbil. Si chiamerà Il mondo da quaggiù e racconta la storia di Julia, che si sente diversa dagli altri, non sa cantare né ballare tanto meno recitare… eppure tramite il teatro capirà molte cose. Oppure un esordio americano: Per sempre o per molto, molto tempo di Caela Carter, dove due fratelli adottati si interrogano sul proprio passato e su cos’è una famiglia, e arrivano a pensare di venire dall’oceano, ed essere fatti di acqua e sabbia. E tanti tanti altri!

GIORDANO: Si intitola Mosquitoland, l’ha scritto David Arnold ed è un debutto. La protagonista si chiama Mim Malone, e non sta bene, per sua stessa ammissione; il motivo è nascosto nel suo stesso nome e cognome, a cui basta togliere le M iniziali e aggiungere un apostrofo. Si racconta così: “Sono una collezione di bizzarrie. Un circo di neuroni ed elettroni. Il mio cuore è il direttore del circo, l’anima il trapezista, il mondo il mio pubblico. È strano che sia così, ed è così perché io sono strana”.

Qual è, a tuo avviso, un titolo che ogni redattore del nostro blog dovrebbe leggere?

MARTA: Stargirl di Jerry Spinelli: è ormai un classico contemporaneo, un esempio raro di leggerezza e profondità, con una protagonista che sembra saltare fuori dalle pagine tanto è pulsante e vitale. E poi L’albero delle bugie di Frances Hardinge, ambientato nell’Inghilterra di fine ‘800, con una protagonista affamata, originalissima, che incarna come pochi prima il desiderio di libertà di tutti i ragazzi.

GIORDANO:  Ma no, non c’è niente che bisogna assolutamente leggere. Ci sono tanti buoni libri tra gli scaffali. Ce ne sono alcuni a cui sono più affezionato di altri, ma spesso perché so già che faticheranno di più a farsi a notare in libreria. Ma sono fissazioni mie, e tali è giusto che rimangano.

LOREDANA: Scelta difficile. Un libro che apre a molte domande, che fa riflettere e discutere. Fra i nostri, direi Solo per sempre tua, di Louise O’Neill.

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Quali consigli ti senti di dare ad un ragazzo che volesse intraprendere la tua professione?

GIORDANO: Il mio lettore più bravo è il più bravo perché è rimasto molto sentimentale nel suo modo di affrontare i libri. Quando si legge per lavoro è facile iniziare a pensare per calcoli, per strutture, per tecnicismi. Ed è la cosa più sbagliata.

LOREDANA: Leggi molto e di tutto, senza pregiudizi. Impara bene l’inglese. Prova a scrivere, anche se non vuoi diventare uno scrittore, magari frequentando un corso di scrittura. Scegliti dei buoni maestri (in carne e ossa e letterari), ma resta indipendente, critico, autonomo.

MARTA: Frequenta abitualmente le librerie e le biblioteche, segui anche i siti e i blog on line degli editori che conosci o dei lettori a te affini, leggi quello che ti piace ma ogni tanto mettiti alla prova con cose nuove, sentiti libero di abbandonarle, di fermarti. E ascolta: che sia un romanzo, un fumetto, una canzone, un film, la tua testa, le persone intorno… ascolta quelle storie, e falle un po’ tue.

Grazie di cuore!

La redazione di qualcunoconcuicorrere.org

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