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Katherine Rundell, Sophie sui tetti di Parigi

Katherine Rundell, Sophie sui tetti di Parigi

Che là sotto, incassate, esistano delle vie e delle piazze,

che il vero suolo sia quello a livello del suolo,

lui lo sa in base ad altre esperienze;

ora come ora, da quel che vede di quassù,

non potrebbe sospettarlo.

(Italo Calvino, Palomar)

 

Nel giorno del suo primo compleanno, una bambina “con i capelli lucenti come fulmini” galleggia nelle acque del canale della Manica, avvolta dagli spartiti di una sinfonia di Beethoven all’interno della custodia di un violoncello. A trarla in salvo dal naufragio della “Queen Mary” è Charles, un eccentrico studioso che, a trentasei anni, ha imparato a conoscere i libri meglio degli uomini e che parla in inglese con le persone, in francese con i gatti e in latino con gli uccelli. Charles cresce Sophie (avrebbe potuto darle altro nome?) in nome di un umanesimo aperto, anticonformista e libero, assolutamente lontano dai criteri perbenisti e burocratici dell’assistenza sociale che, al compimento dei suoi dodici anni, stabilisce di trasferirla in un orfanotrofio.

Per sfuggire a quest’indesiderata conclusione, la coppia parte alla ricerca della madre di Sophie, con un unico indizio: l’indirizzo parigino del liutaio che ha realizzato il suo violoncello.

Dopo l’arrivo, le ricerche di Charles e Sophie prendono strade diverse: mentre il primo segue la via più tradizionale dell’ordine costituito, la vita di Sophie cambia nell’istante in cui mette piede fuori dal lucernario dell’hotel, osservando Parigi dai suoi tetti, come tanto cinema d’autore ha fatto da sempre.

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Da quel momento il suo sguardo sul mondo non sarà più lo stesso, e Katherine Rundell conduce la sua protagonista sulle orme di Cosimo Piovasco di Rondò, l’eroe del Barone Rampante, o della Mina di David Almond: personaggi che, metaforicamente, spostando qualche metro più su il loro punto di vista, sono capaci di liberarsi dai condizionamenti, dalle paure e dalle ipocrisie della vita adulta.

È sui tetti di Parigi che Sophie, in compagnia di ragazzi e ragazze che come lei hanno trovato nella vertigine dell’altezza una via di fuga da una realtà complicata, diventa grande. Facendo sua una massima che gli adulti dimenticano troppo spesso: “Mai trascurare una possibilità”.

Matteo Biagi

 

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