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Un incipit al giorno: Robert Swindells, La stanza 13

Un incipit al giorno: Robert Swindells, La stanza 13

La notte prima di partire per Whitby con i compagni del secondo anno, Fliss fece un sogno.
Camminava su una strada alta sopra il mare. Era buio, ed era sola. Alla sua sinistra le onde s’infrangevano ai piedi della scogliera e più al largo la luna disegnava una scia argentata sul mare.
Si ritrovò davanti ad una casa alta, con molte finestre buie, che si stagliava minacciosa contro il cielo.
Aveva paura. Non voleva entrare e neppure andare oltre, ma non riusciva a controllare i piedi, che sembravano muoversi da soli, trascinandola avanti.
Arrivò ad un cancello in ferro battuto che, quasi sulla cima, era ornato dalla figura di un uccello in volo (forse un gabbiano); ma il cancello era stato dipinto di nero e le gocce di pittura, colando lungo le ali, si erano indurite e trasformate in minuscole stalattiti, dandogli l’aspetto di un pipistrello.
Il cancello si aprì da solo e non appena lo attraversò Fliss udì una voce che sussurrava: «Il Cancello del Destino». Venne trascinata lungo un breve sentiero e poi su per dei gradini di pietra, fino alla porta d’ingresso che si aprì da sola. «La Fortezza del Sonno» bisbigliò la voce.

La porta si chiuse alle sue spalle, senza fare il minimo rumore. La luce fredda della luna filtrava nel lugubre atrio attraverso una vetrata a mosaico. In fondo c’era una scalinata che andava su nell’oscurità, e i suoi piedi la costrinsero ad attraversare l’atrio e a salire.
Dopo un pianerottolo sul quale si aprivano alcune porte, la scala faceva una curva. Più Fliss saliva e più sentiva freddo. Trovò un altro pianerottolo, altre porte e ancora scale. Salì sempre più su, verso un terzo pianerottolo e poi un quarto: là le scale terminavano. Aveva raggiunto l’ultimo piano.
Vide quattro porte, ciascuna con un numero: dieci, undici, dodici, tredici. Mentre leggeva i numeri la porta numero tredici si schiuse verso l’interno, con un cigolio. «No!» sussurrò, ma inutilmente. I piedi la trascinarono oltre la soglia e una voce sibilò: «La Stanza della Morte».

 

 

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