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I classici di qualcunoconcuicorrere: Herman Hesse, Narciso e Boccadoro

I classici di qualcunoconcuicorrere: Herman Hesse, Narciso e Boccadoro

“Checcoss’è l’amor” canta Vinicio Capossela. BOH, dico io. BOH.

E chi lo sa cos’è l’amore? Di sicuro posso dirvi che io AMO i miei gatti. Amo passeggiare di notte per le vie del Ghetto di Padova. Amo averla vinta nelle discussioni. Amo la mozzarella. Amo innamorarmi per 5 fermate di pullman di un* sconosciut* e dimenticarmene il dì seguente. Siamo sicuri di amare un sacco di cose.

Ma se ci mettiamo di mezzo le persone la faccenda si complica, perché? Il mio migliore amico lo amo? Mamma, papà, fratelli, sorelle? Si amano anche loro? Se due persone stanno insieme si amano? Se si amano devono stare insieme? Si può essere innamorati di più di una persona? Amare è un sentimento o deve entrarci anche il sesso? Esiste l’amore senza sesso? Il sesso senza amore? È sbagliato? L’amore è per sempre? È inequivocabile? Si può NON amare?
Diavolo! Dacché scriviamo, scriviamo anche di amore, l’abbiamo preso e rigirato in mille salse, descritto, analizzato, sviscerato eppure sembra che ognuno parli di una cosa diversa.

Quasi un anno fa mentre mi rigiravo inquieto in queste domande pruriginose, con intento forse troppo analitico Irene, la mia provvidenziale cugina che oltre a essere una gran poetessa è anche un’acuta lettrice, mi ha consigliato un libro fondamentale: Narciso e Boccadoro di Herman Hesse.

“Michele, o lo leggi a 20 anni o non lo leggi mai più, perché non ha lo stesso effetto”

Forse a 16 anni vi sembrerà pomposo ed esagerato, forse a 22 vi sembrerà patetico. Credo che tra i 18 e i 20 sia il momento giusto ma non fidatevi troppo, provateci, al massimo lo mettete via.

Eh si, forse non si troveranno delle risposte ma Hesse è uno bravo con le parole, su questo non c’è dubbio e se non vi state ponendo delle domande sull’amore, beh allora sarà solo l’ennesimo romanzo sdolcinato che vi risulterà barboso. Però non è la classica love story che ci viene subito in mente. Non si parla di un sentimento tra due persone. Si parla di un modus vivendi, tant’è che il nostro protagonista Boccadoro non è proprio la personificazione di quello che è lo stereotipo occidentale di amore fedele e monogamo…

Da un lato abbiamo Narciso, bello ed etereo maestro di un convento medievale, modello ideale di amore per la conoscenza, per l’elevazione dello spirito. Un amore cauto, ragionato, quasi logico, intellettuale che ha come unica eccezione terrena la tenerezza per l’allievo Boccadoro. Boccadoro che percepisce, prima di comprendere, che ama in modo incostante, furioso, appassionato, coinvolto e coinvolgente, che turbina da un soggetto all’altro.

“Strano e meravigliosamente bello era che ci fosse anche questo genere d’amore, così disinteressato, così spiritualizzato. Com’era diverso da quell’altro amor, là, sul campo inondato di sole, quel gioco di sensi ebbro e irresponsabile! Eppure l’uno e l’altro erano amore.”

E si incontrano tanti personaggi, ognuno dei quali è un amore diverso. L’amore tra due amici, l’amore platonico per un maestro irraggiungibile, l’amore breve e confuso del primo bacio, del primo sesso, l’amore proibito che non si consuma per pudicizia, l’amore vietato dalla disperazione, quello reciso dalla morte, l’amore sofferto perché non corrisposto, la sofferenza nel non riuscire a corrispondere un amore. La chiave di questo libro è l’amore. Si parla anche di altro, di arte, di viaggio, di crescita, di paura della morte ma tutto in ottica di amore. Poi, piccolo spoiler, si parla quasi sempre di amore tra un uomo e una donna, comunque ricordiamoci che scriveva negli anni 30 ma non pensiate che pur rimanendo strettamente dentro l’eterosessualità (mi par di intendere solo di facciata) non sia stato un libro rivoluzionario. Hesse scardina l’idea di un amore ideale, intellettuale, “puro”, di serie A contrapposto a quello vile e animalesco di serie B. Cita più volte questo contrasto della natura umana, questa scissione che vogliamo risolvere. Unire libertà e ordine, passione e logica, l’irrequietezza e la dedizione. Lui definisce questo tentativo come un’aspirazione insoddisfatta (io ci vedo l’anelito frustrato di Pascal, chi mi vuole intendere intenda), ma lo sottolinea più e più volte: tutto questo è umano. Noi siamo contraddizione, e non è un problema, anzi

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“ma perché quest’aspirazione insoddisfatta doveva essere peccato? Non nasceva da essa tutto ciò che c’è di bello e di santo che l’uomo aveva creato e reso a Dio come un’offerta di gratitudine?”

E qui, scusate, ma mi sono sciolto. Qui la fa in barba a tutti quei fanatici dell’idealizzazione dell’amore di serie A, di “quell’amore che va bene a Dio”, di quell’amore migliore. Perché questo libro secondo me, che uno sia o meno religioso, lascia un messaggio molto vicino al messaggio antropologico del cristianesimo. Ti dice una sola cosa: AMA. Ama, anche chi pensi che sia in torto, ama anche chi ti odia, ama l’uomo con tutte le sue contraddizioni, che sono quelle che lo rendono così bello, così umano. Ama, che amare non può essere sbagliato. Ama che l’amore non è un premio per chi fa il bravo, non fai un torto a nessuno amando chi ha sbagliato. E Narciso ama ciascuno di questi personaggi, da peccatore e contradditorio umano,  ama ciascuno in modo diverso, dedicato e personale. Perché “l’esperienza gli aveva insegnato che ogni donna è bella e può donare felicità, […] che ogni donna ha il suo segreto e il suo fascino”, perché forse ogni persona (direi oggi io al posto che donna) tira fuori la sua bellezza se amata nel modo giusto.

Ama che l’amore non è un sentimento. È un modus vivendi.

Michele Vico

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