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L’incipit della settimana: Axl Cendres, La compagnia degli addii

L’incipit della settimana: Axl Cendres, La compagnia degli addii

Eravamo in cinque, seduti dietro dei tavolini disposti in cerchio, in una stanza che assomigliava a un’aula scolastica. In camicia bianca e barba grigia, quello che tutti chiamavano Doc, lo psichiatra che animava la seduta, ha giunto le mani con un sorriso gioioso.

“Bene!” ha detto. “Visto che è arrivato uno nuovo, per metterlo a suo agio, ciascuno dica il suo nome e come ha tentato di suicidarsi.”

Quello nuovo ero io. Eravamo quelli che chiamano Suicidanti, ovvero persone che hanno fallito il loro tentativo di suicidio, da non confondere con i Suicidari quelli cioè che non sono passati all’atto.

Il suo sguardo si è diretto verso un tipo slavato come la biancheria sporca. «Jacopo?» «Mi chiamo Jacopo», ha sospirato, con un leggero accento italiano. «Ho cercato di lanciarmi da una scogliera… ma non sono riuscito a saltare.» «Io», ha proseguito un’anziana signora elegante, «mi chiamo Colette e, con il mio Lucien, avevamo deciso di mettere fine alle nostre vite. Abbiamo preso una camera in un albergo lussuoso e, dopo aver trascorso una bellissima serata, abbiamo ingoiato dei barbiturici. Ci siamo stesi sul letto mano nella mano… Purtroppo dovevo essere più resistente di lui, perché sono sopravvissuta. Il mio Lucien non mi ha mai raccontato storie: mi ha offerto un miracolo, e da quel giorno…». «Grazie!», l’ha interrotta Doc. Si è girato verso di me. «E tu, ragazzo mio, racconta. Com’è andata? Alex, giusto?» Tutti gli sguardi si sono fissati su di me, nell’avida attesa di una nuova storia. «All’inizio ho preso dei betabloccanti per provocare un arresto cardiaco. Ma niente. Quindi sono andato a cercare la pistola di mio padre e ho provato a spararmi al cuore, ma mi sono sbagliato e il proiettile è finito nella spalla.»

Con una certa ammirazione, si sono messi tutti a fissare il mio braccio fasciato. Doc ha dato dei colpetti sul tavolo con l’indice. «Bene, bene, bene! E se adesso parlassimo di …» Ma si è interrotto di botto perché in quel preciso istante, sulla porta, è apparsa una ragazza bella come la notte: sguardo blu ghiaccio, lunghi capelli neri e colorito cadaverico. «Sono in ritardo», ha fatto notare senza scusarsi. «Benvenuta fra noi, signorina!», si è entusiasmato Doc, come se un’ospite a sorpresa si fosse presentata alla festicciola del suo compleanno. Cazzo, ho pensato: avevo sentito battere il mio cuore. Questo cuore maledetto, che avevo cercato di fermare in ogni modo, batteva veloce e forte. E ho capito di che si trattava: era l’effetto di una reazione fisiologica destinata a far accoppiare due individui di una stessa specie con lo scopo di riprodursi, quella cosa che comunemente si chiama Amore. Grazie, no. La ragazza si è seduta. «Ebbene», ha detto Doc, quasi commosso per la felicità, «due nuovi nella stessa giornata… Il gruppo dei Suicidanti cresce!». Si è girato verso la ragazza. «Quando arriva qualcuno di nuovo nel gruppo, per metterlo a suo agio, gli altri raccontano come hanno tentato di suicidarsi. Secondo il registro il tuo nome è Alice, giusto?» Lei ha annuito. Doc ci ha guardati. «Ognuno racconterà quindi come ha cercato di suicidarsi!» Qualcuno ha cominciato a sbuffare. «Non vale la pena che condividiate le vostre storie», ha detto Alice, «non ho nessun problema a parlarne. La prima volta avevo otto anni e ho cercato d’impiccarmi con la corda per saltare». Tutti gli occhi si sono spalancati per l’ammirazione. «Questa volta», ha continuato, «ho voluto ficcarmi un coltello nel cuore, ma è scivolato verso la spalla». Ha spostato la maglietta per mostrare la benda.

Era proprio la donna della mia vita. O quella della mia morte.

Axl Cendres, La compagnia degli addii, traduzione dal francese di Rosa Vanina Pavone, Il Castoro (Hotspot) 2021, pp.191, €15.50.

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