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L’incipit della settimana: Fiore Manni, Come le cicale

L’incipit della settimana: Fiore Manni, Come le cicale

“Teresa non sapeva dire quando sarebbe cresciuta, o meglio, quando avrebbe iniziato a crescere davvero.
Durante l’estate tra la quinta elementare e la prima media sperava che potesse accadere un prodigio: si sarebbe svegliata più alta, le sarebbero spuntate le tette dal giorno alla notte… Sarebbe diventata un’altra versione di se stessa, una Teresa migliorata, che non si cacciava nei guai, non si sbucciava le ginocchia, senza le labbra spaccate a furia di morsi e i capelli arruffati in un cespuglio ribelle.
Invece l’estate era passata come tutte le altre. Erano stati mesi senza compiti e preoccupazioni, pieni di cadute dalla bici, sgridate di sua madre, pedalò puntati verso il blu dell’orizzonte e cieli stellati.
Tornata a casa a settembre, si era detta che quello era davvero il suo momento, che l’estate appena passata era stata l’ultimo avanzo dell’infanzia e adesso era pronta per il “salto” dall’altra parte.
Una volta cominciata la scuola, aveva dovuto affrontare nuovi compagni di classe, professori, materie, troppi compiti. Aveva preso le prime insufficienze. Ma dentro di lei non era cambiato molto.
Al ritorno dalle vacanze di Natale, poi, si era resa conto che qualcosa non andava: quando le avevano chiesto cosa avesse ricevuto in regalo, dopo aver ascoltato la lunghissima lista di vestiti e cd fatta dai suoi compagni di classe, aveva risposto con un’alzata di spalle. Sapeva che dire «Barbie veterinaria» l’avrebbe marchiata per sempre. Una volta tornata a casa, aveva levato tutte le bambole dalla mensola accanto alla finestra, le aveva infilate in una scatola e le aveva nascoste sotto il letto.
A quanto pareva la nuova, sfavillante Teresa era troppo timida per fare la sua gloriosa entrata in scena, perciò avrebbe cercato un modo per andarle incontro. Aveva iniziato a portare lo zaino su una spalla sola per sembrare meno bambina, per assomigliare ai ragazzi più fighi, sebbene pesasse e fosse terribilmente scomodo.
Ma non è che questo l’avesse fatta sentire poi tanto diversa. E non era servito a granché nemmeno scartare i cerchietti per i capelli e le calzamaglie con gli orsetti. In realtà cominciava a sperare che arrivasse qualcuno a darle le istruzioni per diventare una “nuova Terry”, qualcuno che avesse le risposte di cui aveva un gran bisogno.
Finalmente arrivò l’ultimo giorno di scuola. L’estate era tornata a salvarla da Roma. Mentre ammucchiava shorts e t-shirt sbiadite, con la testa era già al mare.

Fiore Manni, Come le cicale, Rizzoli, 2021, pp.156, €16

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