L’incipit della settimana: Nicoletta Bortolotti, Quelle in cielo non erano stelle
UCRAINA, 1986
In silenzio girandole di fiamma bruna spaccano le tenebre. Esplosioni lontane, attutite dalla verde muraglia della foresta. Il cielo si accartoccia e cade sulle abetaie come polvere nera. C’è una luce intensa, ancora più forte dei fari che uccisero mia madre. Ma spingo i ricordi in un luogo lontano dal suo odore. Non oso avvicinarmi alla casa. È una chata di tronchi grezzi. Scuri. Steccato azzurro scolorito. Tetto in lamiera, uguale a tante altre nei dintorni di Pripyat. Capanne solitarie. Gli acquitrini. I boschi. Il nulla, coperto di neve per sei mesi all’anno o inzuppato dal fango del disgelo. Un ronzio simile a un trattore. Proviene dalla chata . Mia madre non ha fatto in tempo a insegnarmi i pericoli della foresta. Ho imparato da solo a tenermi lontano dalle vespe. Di sicuro stanno facendo un nido sotto il tetto. Ho fame, ma non mi avvicino. C’è quella luce prodigiosa. E i puntali verde chiaro dei pini mughi, dei larici e dei cembri. Ogni primavera ha il suo modo di rimettere in ordine il mondo. Scruto la Madre, il capo ancora avvolto nel fazzoletto colorato che portava al kolchoz . Sa di latte cagliato e ricotta. È una mungitrice e guai a chi le tocca la sua mucca. Con lei c’è la Bambina. Sa di lana vecchia e degli avanzi di cibo che per tutto l’inverno, insieme al Ragazzo, depone per me sul terreno duro e ghiacciato intorno alla casa. Noi volpi rosse siamo ghiotte di mirtilli. Piccoli volatili. Uova. Insetti. Roditori. Ma ci adattiamo facilmente a qualunque tipo di cibo. Anche a quello degli umani. Stanno ferme, in piedi, sul balcone azzurro come due tronchi di betulla fatti di notte e freddo. I loro occhi sono fissi sul bagliore color ribes del cielo, visibile anche da lontano. Gli ultimi freddi dell’inverno provano a insinuarsi, strato dopo strato, nella mia pelliccia. Dov’è il Ragazzo? Nessuna traccia del suo dopobarba al mentolo. Eccolo sul balcone, accanto alla Madre e alla Bambina. Un suono affilato. Intermittente. Un taglio secco nei miei timpani. Quando la famiglia rientra in casa io rimango ancora un po’ acquattato fra le stoppie grigie, prima di riprendere la via del fiume, straripante di neve sciolta. Sono trascorse diverse albe. La foresta è color ruggine. Bella come una coda scarlatta leccata ciuffo dopo ciuffo. Uno strano autunno che brucia in primavera. Un odore nuovo. Forte. Cattivo. Inabitabile. Attendo poco lontano dalla chata che la porta si apra. Mi aspetto di vedere la Bambina, ma esce solo il Ragazzo. Mi tende il palmo della mano. Doktorskaja . Salame sovietico. Sa di grasso e cenere. Poi, però, solleva anche l’altra mano. Le dita sono strane. Terminano in una canna nera e stretta. Ci guardiamo per un istante. L’oro dei miei occhi si è appena mescolato nel ghiaccio dei suoi quando mi spara.
Nicoletta Bortolotti, Quelle in cielo non erano stelle, sovraccoperta con illustrazione di Francesca D’Ottavi, Mondadori, 2021, pp. 205, €15 (ebook 8,99)