Todd Strasser, La bomba
Io e i miei amici osservammo i resti bruciacchiati delle foglie, il mucchio rovente di cenere grigia, fili di fumoi che si sollevavano come fantasmi. Tutto ciò che rimaneva dei grilli erano i carapaci bruciati e i corpi di quelli che erano riusciti a scappare prima di essere divorati dalle fiamme, morti avvelenati per colpa della benzina.
“Proprio quello che potrebbe succedere a noi” disse Ronnie.
Stati Uniti, estate del 1962. Mentre Scott trascorre l’estate nella rituale inconsapevolezza dei suoi tredici anni, il padre vive, come milioni di suoi connazionali, l’incubo di un attacco sovietico. Siamo al culmine della guerra fredda, qualche settimana prima della crisi dei missili di Cuba. A differenza degli altri, però, il padre di Scott è l’unico a premunirsi per un eventuale attacco, costruendo un rifugio antiatomico e accumulando le provviste necessarie per sopravvivere nelle prime fatidiche settimane.
Lo scenario in cui Todd Strasser ambienta il suo romanzo è perfettamente credibile: Mickey Mantle delizia i tifosi degli Yankees, i padri lavorano e leggono Playboy, le madri si occupano della casa, fumano e leggono riviste; a scuola, l’insegnante anticonformista che tenta di far ragionare gli allievi è bollato come beatnik.
Un solo particolare non riflette la realtà storica: in questo libro i Sovietici non si ritirano. Attaccano.
L’attenzione di Strasser si rivolge quindi ad un altro aspetto: che cosa sarebbe successo se…? Come si sarebbero comportati adulti e bambini, costretti dalla discesa nel rifugio alla discesa agli inferi di un ambiente claustrofobico, con poco cibo e nessuna privacy? E quale scenario si sarebbero trovati davanti agli occhi, quando avessero nuovamente aperto quella botola?
MB