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Una storia d’amore, con fuori la guerra – Andrea Gentile, Volevo nascere vento

Una storia d’amore, con fuori la guerra – Andrea Gentile, Volevo nascere vento

 

 

Nei giorni scorsi, dopo venti anni, nel cimitero di Partanna è stata ricollocata una lapide con il nome e il volto di Rita Atria, distrutta anni fa, a colpi di martello, dalla madre. Che sia stato il gesto inconsulto di una persona disperata o il consapevole disegno di distruggerne l’identità,  di cancellarne la memoria, non vi è dubbio che si sia trattato di un’azione altamente simbolica.

 

A rinsaldare la memoria di Rita, a ricostruirne l’identità (fragile doppiamente: in vita e post mortem) contribuisce il romanzo “Volevo essere vento”, di Andrea Gentile, giovane autore ancora bambino ai tempi delle vicende narrate, ma che ha avvertito l’urgenza di raccontare ai ragazzi del duemiladodici chi fosse Rita.

 

Chi è Rita? Andrea Gentile la presenta con discrezione e rispetto, attenendosi ai documenti per gli eventi ed i personaggi, e occupando con leggerezza l’unico spazio consentito all’invenzione romanzesca: la dimensione dei sogni, delle speranze, delle aspirazioni di una ragazza degli anni’90, cui la mafia ha sottratto la luce dell’adolescenza, per farla sprofondare in un vortice di violenza, morte e odio familiare.

Il lettore si immedesimerà quindi facilmente nella bambina che nasce a Partanna, osserva con gli occhi dell’innocenza i rituali dell’onore mafioso tributati al padre, trova poi la forza di spezzare il cordone ombelicale con la famiglia (in maniera ancora più brutale di Peppino Impastato, che poteva contare almeno sulla solidarietà di madre e fratello) e di raccontare tutto al giudice Borsellino.

 

Seguire la sorte della cognata ed approdare a Roma da “testimone di giustizia” ( non da pentita, visto che Rita non ha mai commesso alcun reato) significa, come detto, privarsi della propria identità: non a caso Rita sembra cercarne una nuova in ciò che la circonda

 

Volevo nascere fiore… (p.40)

            Volevo nascere luna. Riposare, stare ferma, ma allo stesso tempo muovermi.

            Andare in gita durante il giorno e tornare per la notte, a illuminare i baci

            degli innamorati. (p.125)

            Volevo nascere vento. […] Vento che riposa, vento che salta, vento che spinge,

            vento che dorme, vento che si tuffa, vento che soffia, vento che lotta, vento

            che stacca una rosa, vento che quella rosa la porta all’uomo giusto, alla

            donna giusta, con la forza del vento, vento che sale, vento che scende, vento

            che vola. (p.151)

 

Rita non si rassegna alla sua condizione: non si rinchiude nell’appartamento, ma esce, osserva, si inebria dell’aria primaverile di Roma, che giunge persino a regalarle un incontro inatteso…

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E poi, gli incontri con Paolo. L’uomo burbero del primo colloquio diviene col tempo una figura di riferimento insostituibile, quello zio comprensivo e protettivo che Rita non ha mai avuto, che oltre a domandare racconta storie, spiega miti, dispensa consigli.

 

L’orizzonte di Rita e  la sua sete di futuro si spengono, però, il 19 luglio del 1992.

 

 

 

Soundtrack: John Cage, Dream

 

Andrea Gentile, Volevo essere vento, Milano, Mondadori, 2012, pp. 156.

 

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