Gerard Way e Gabriel Bá, Umbrella Academy
Perdonate se, con gli esami di ammissione all’università alle porte, la mia capacità di concentrazione è ridotta al minimo e, pur avendo cominciato a leggere diversi romanzi, purtroppo non sono riuscita a finirne neanche uno. Sfido io, provateci voi a leggere qualcosa dopo che avete passato l’intera giornata a cercare di raccapezzarvi tra centinaia di pagine di un manuale di armonia. Ma non divaghiamo oltre, perché, in fondo, una buona lettura da suggerirvi ce l’ho lo stesso ed è proprio adatta anche a chi, come me, in questo periodo ha poco tempo da perdere. Infatti, si tratta di un fumetto. O meglio, di una serie di fumetti, al momento il numero di volumi ammonta a tre.
Ne avrete forse sentito parlare per via dell’adattamento Netflix, uscito a febbraio dell’anno scorso, ma anche se avete visto la serie, che vi sia piaciuta o meno, Umbrella Academy merita assolutamente di essere letto. Non solo perché la trama dell’adattamento televisivo si distacca molto dall’originale, ma anche perché, se la serie può sembrare folle… be’ non avete ancora letto il fumetto. Dopo i primi due volumi, “Apocalypse Suite” e “Dallas”, usciti nel 2008 e nel 2009, ci sono voluti ben dieci anni prima che anche il terzo, “Hotel Oblivion”, fosse finalmente dato alle stampe. Un’attesa che speriamo non si ripeta, dato che il finale lascia il lettore in sospeso, promettendo quasi sicuramente un seguito.
Ma che cosa c’è di così speciale in Umbrella Academy? In fondo potrebbe sembrare soltanto un’altra storia che parla di supereroi dai poteri banali, che si scontrano con supercattivi, anch’essi banali. Ma se anche siete il tipo di persone che appena sente parlare di supereroi storce il naso, vi prego di dargli almeno una possibilità. Infatti, a meno che non abbiate letto Watchmen, vi assicuro che non avete mai visto dei “super” così poco “eroi” come i membri dell’Umbrella Academy.
L’eccentrico gruppo è in realtà una vera e propria famiglia, totalmente disfunzionale, che dopo anni, viene riunita a causa dell’improvvisa morte del padre. Perché il tutto non vi sembri troppo normale, sappiate che i protagonisti sono fratelli, sì, ma nati da madri diverse, che li hanno partoriti di punto in bianco, senza aver dato segni di gravidanza fino a un attimo prima, tutte nello stesso momento. Il padre, l’inventore e miliardario Sir Reginald Hargreeves, si è impegnato ad adottarli con l’intenzione di trasformarli in un gruppo di supereroi, essendo, non si sa come, a conoscenza del fatto che con la crescita avrebbero sviluppato dei poteri sovrannaturali.
Ad ognuno dei sette fratelli viene quindi assegnato un numero. Numero Uno (Luther detto Spaceboy) sarebbe designato ad essere il leader del gruppo, è dotato di una forza sovrumana e di una sorta di armatura costituita dal corpo di una specie di gorilla spaziale. Numero Due (Diego detto il Kraken) è estremamente abile nell’uso delle armi bianche, in particolare dei coltelli. È violento, ribelle e in costante rivalità con Luther. Numero Tre (Allison detta Rumor) può far accadere ciò che vuole usando solamente le parole, con una formula precisa. Numero Quattro (Klaus detto Séance) ha dei poteri telecinetici e psichici non ben definiti, sicuramente in certe circostanze è in grado di parlare con i morti. I suoi poteri non funzionano se indossa le scarpe, infatti e quasi sempre scalzo e si muove levitando. Numero Cinque (detto The Boy) non ha nome e a 10 anni è scappato di casa, saltando troppo avanti nel tempo e rimanendo quindi bloccato. Numero Sei (Ben detto The Horror) è morto. Numero Sette, invece, è Vanya, la pecora nera della famiglia, che per tutta la sua infanzia ha vissuto all’ombra degli straordinari fratelli, lei che di straordinario non ha nulla. Mentre loro combattevano supercattivi e monumenti storici che prendevano vita, a lei veniva imposto di stare in casa e di suonare il suo violino.
Tra un’apocalisse da evitare, un presidente americano da salvare (o da uccidere a tutti i costi, dipende da che parte state), la guerra in Vietnam e viaggi dimensionali, angoli dello spazio tempo trasformati in superprigioni, e assassini folli che amano i dolci, i protagonisti devono non solo impegnarsi a salvare il mondo e se stessi, ma anche a trovare un equilibrio nei loro rapporti conflittuali, in modo da poter agire come una squadra.
Oltre ai dialoghi ben scritti e alla trama folle, completano l’opera le bellissime tavole di Gabriel Bá, con tratti spigolosi e colori scuri, che rappresentano alla perfezione il carattere dei personaggi e le ambientazioni tetre come la villa vuota e la città dai borghi malfamati e sporchi dei primi due volumi e l’hotel-prigione dell’ultimo.
Flaminia Zilletti